SANTE  BATTAGLIE

(Dal Bollettino delle Associazioni di Misericordia anno V n° 5 1908)

Genova, giugno 1908

Genova, la forte e cattolica città marinara che, fino dalle sue origini, ha saputo tenere alto il vessillo della Fede di Cristo, combatte oggi per una causa, la più giusta e santa fra le altre. E non è a base di fischi, e d’insulti piazzaioli e di incomposte dimostrazioni che i compatrioti dell’immortale Colombo, agitano la bandiera della sommossa: essi vogliono vincere, e assolutamente vincere, ma col far conoscere pacificamente, dignitosamente ai signori di palazzo Turzi le loro giuste richieste.

“Noi vogliamo – hanno detto i buoni genovesi – che alle salme dei nostri cari defunti, siano resi gli onori funebri, come s’addice ad un cittadino italiano. Siamo poveri, è vero, ma dinanzi all’Altissimo Dio, l’anima nostra ha le stesse finalità di quelle del potente signore” Chi, o fratelli, non darà ragione a questi umili figli del popolo?

Ascoltate! Dormono, i cittadini, i loro sonni tranquilli, e la notte con la sua fitta oscurità, avvolge tutta intorno la “Superbia”. Un disadorno carro-funebre, spesse volte condotto da un vetturino orribilmente ubriaco, si ferma presso la squallida stamberga, ove la morte designò la sua vittima e dopo delle ore di lunga e noiosa aspettativa, comparisce il morto portato a braccia da cinque o sei giovinastri che bestemmiano maledettamente. E come qualsiasi merce da trasporto, di nessun valore, si lascia cadere, di peso il morto nell’interno del carro, e via di carriera al cimitero.

Nessuno fa ala alla bara, la mesta preghiera espiatrice del sacerdote non è ammessa, i parenti – è consuetudine – restano a casa a piangere chi per sempre è scomparso. Oh, infelice Genova! Così si portavano alla sepoltura i giustiziati,  e i condannati alla morte, quando ancora le alture del vecchio Castelletto, pendevano le forche dell’inumano straniero. Così si seppellivano i tuoi figli, quando, forte Repubblica, eri in guerra colle città sorelle. Ma, oggi fulgido e bello splende per tutti il sole dell’amore e della pace e Genova nostra, che fra le principali città d’Italia, primeggia per civiltà e grandezza tolga presto questa vergogna che suona disonore alla patria di tanti eroi.

Il Comune intervenga e provveda prontamente, con opportune disposizioni le quali garantiscano anche al popolo lavoratore gli ultimi onori funebri e secondo le credenze religiose. E noi, fratelli della Misericordia, che sempre e ovunque ci siamo levati in difesa del povero, non possiamo che fare buon viso a quest’agitazione e augurare di cuore un’equa e sicura soddisfazione

Omer Galleni

È vero. Niente di più giusto di questa agitazione, che vuole un po’ più rispettate le salme dei defunti. Ma riusciranno nel loro intento questi buoni lavoratori?

Ebbene, ad evitare che la presente agitazione non finisca in una vana accademia e che non vengano frustrate queste legittime richieste, perché non si prendono cura direttamente della cosa, d’accordo con le locali autorità, le Associazioni Cattoliche Genovesi e specialmente la benemerita Misericordia, che tante altre opere pietose esercita a conforto dei poveri?

Non sarebbe questa la più facile soluzione del problema?

n. d. D.
 

 
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